Lotta contro la 'Riforma' Moratti:

Saremo più forti (e credibili) ammettendo che l'università deve cambiare
– accettando, cioè, di condurre la lotta su due fronti.
 
Riflessione sul voto sull'emendamento al documento finale prodotto dall'Assemblea del 5.10.05.
 

Presentazione dell'emendamento


Cari studenti, cari colleghi. Sono con­trario anch'io al Disegno di De­creto Legge del Ministro Moratti. Ma ritengo che, in qual­siasi contesa, bisogna capire anche i motivi del­l'avversario, sia per meglio impostare i propri ragionamenti sia per correg­gere i propri errori se ce ne sono.


La 'Riforma' Moratti fa parte di una lunga cate­na di simili iniziative portate avanti dai ceti do­minanti in Italia attraverso i vari governi e mini­stri di turno (Falcucci, Ruberti, ecc.) da oltre trent'anni. Mira:




Si tratta dunque di una 'Riforma' antistorica? Certamente: riporta l'Università all'epoca in cui dipendeva dalle “elargizioni” e dai “lasciti”! 


La 'Riforma' va dunque contestata?  Di sicuro.


Ma i torti non sono tutti da una sola parte.  Anche l'università ha le sue pecche.  Infatti, gli atenei italiani si distinguono in Europa dall'alto tasso di abbandono (il 70% degli studenti la­scia: per­ché?) e dalla non corrispondenza tra ri­chiesta ed offerta formativa (vengono imposti corsi non voluti e – tramite il numero chiuso – impedito l'accesso a corsi fortemente richiesti; vengono creati bienni impopolari e poco fre­quentanti an­ziché creare bienni che corrispon­dono al desi­derio di formazione degli studenti).


Risultato? L'Italia ha la più bassa percentuale di laureati in Europa (solo il 9% della popolazione adulta) e il più alto per­centuale di laureati uma­nisti di­soccupati, anni dopo la laurea. 


Questo spiega in parte perché, da trent'anni, i ceti dominanti cercano di mettere le mani sul­l'università. La vogliono rendere più 'produtti­va' (a modo loro, però). Vogliono imporre la formazione che a loro serve (ma che non serve necessariamente alla crescita degli studenti).


Nel respingere dunque i vari tentativi di “indu­strializzare” i saperi insegnati all'Università, dobbiamo riconoscere però che il problema del­la non corrispondenza tra richiesta ed offerta formati­va esiste e che va affrontata. L'universi­tà non può semplicemente puntare i piedi, indi­spettita, e pretendere di averla vinta senza nul­la cambiare nel suo ope­rato.  Il corpo docente non può usare gli stu­denti come truppe per re­spingere l'ennesimo tentativo delle imprese di mettere le mani sul­l'università, lasciando le cose come stanno Per­ché questo significhereb­be voltare poi le spalle alle truppe dopo la vitto­ria, lasciando che il 70% di loro continua ad ab­bandonare l'Univer­sità, non avendo trovato nei programmi il tipo di forma­zione ricercato e nei corsi l'arricchimen­to volu­to.


Se adottassimo una politica del genere – la poli­tica dello struzzo – non faremmo altro che alie­nare ancora di più quella parte dei ceti domi­nanti del paese che, esasperata dai decenni di promesse non mantenute dall'Università (cioè, esaspera­ta dalle “finte modernizzazioni” degli ultimi trent'anni), si è ora alleata con i settori più retrivi per mettere in riga la casta dei pro­fessori, casta semi-ecclesiale che pretende di dover rispondere solo a se stessa.


Ma – si potrebbe obbiettare – ammettere i propri difetti in questo momento potrebbe inde­bolire la lotta contro la 'Riforma' Moratti.” 


Al contrario!  In qualsiasi disputa, ammettere i propri errori quando sono palesi (anziché ne­garle o far finta di niente), dà maggiore credibi­lità.  Dà anche maggiore forza.  Se invece cer­chi di negare l'evi­denza, ti indebolisci poi­ché sei costretto a dimostrare l'impossibile (cioè che “non ci sono problemi”) anziché incentrare la discussione su quale solu­zione ai problemi sia la migliore: la tua o quella del­l'avversario.


L'università dovrebbe, dunque, cogliere questa occasione per ammettere sì che un problema di offerta formativa esiste, per poi incentrare la di­scussione su come risolverlo.  E' meglio che (a.) le imprese decidano gli orienta­menti di studio o (b.) che l'università li decida tenendo conto de­gli abbandoni e della non cor­rispondenza tra ri­chiesta ed offerta formativa?  La ri­sposta è ov­via: solo l'Università ha la visio­ne complessiva necessaria per determinare cor­rettamente gli indirizzi.  Questo modo pro-attivo di ragionare ci consente poi di rivendicare anche la ricerca disinteressata (pur­ché ammet­tiamo che non ci debba essere soltanto quella disinteres­sata).


In un celebre articolo apparso su Rinascita il 24 agosto 1979, Enrico Berlinguer si lamentava della classe imprenditoriale in Italia, la quale non ha saputo “allearsi alla storia” e “volonta­riamente applicare per sé la legge della conser­vazione intelligente: perdere ogni giorno meto­dicamente qualche cosa per non perdere tutto”. Mi auguro che noi sapremo agire in maniera più avvisati dei ceti dominanti che critichiamo.


In questa prospettiva, propongo il seguente emendamento alla mozione da votare:
 

Emendamento
 

L'Assemblea riconosce due del­le principa­li disfunzioni all'ori­gine dei decenni di tentativi di riformare l'istruzione superio­re: l'alto tasso di abbando­no e la non cor­rispondenza tra domanda ed of­ferta for­mativa. Respinge tuttavia il DDL Morat­ti poiché, lungi dal risolvere questi proble­mi, li aggrava per via della dequalificazio­ne delle docenze, della riduzione delle ri­sorse, ecc. Non solo, ma sov­verte il ruolo dell'università an­che come sede della tra­smissione e dell'ampliamento di saperi di­sinteressati. Propone dunque di costitui­re un gruppo di ricer­ca paritario (docenti, studenti) per esaminare, duran­te il blocco della didattica, le disfun­zioni constatate e per pro­porre soluzioni da sperimentare anche sin dal prossimo se­mestre.


Commento


Questo emendamento, votato alla fine dell'as­semblea, è stato respinto. Bisogna chiedersi ora perché.


Gli argomenti sviluppati sono falsi?  Inopportu­ni? L'emendamento proposto non corrisponde al pensiero o al volere dell'Assemblea?


In verità, bisogna dire che la votazione è avve­nuta quando quasi tutti erano andati via. A so­stenere l'emendamento sono sta­to io e nessun altro.  Invece si sono espressi con­trari due au­torevoli docenti e il presidente del­l'Assemblea. 


Come interpretare la votazione negativa? Chiarisce davvero il tipo di lotta contro la 'Rifor­ma' Moratti che i docenti e gli studenti di Roma Tre vogliono portare avanti (quello che ho appena descritto con l'immagine dello struzzo)? O c'è stata una forzatura?


Purtroppo sento di dover accogliere la votazio­ne dell'assemblea come espressione autentica della comunità dei docenti e degli studenti di Roma Tre.  Perché in democrazia gli assenti hanno sempre torto. E chi tace acconsente. 


Ma allora non mi rimane che dire: se questo è il livello di consapevolezza del perché della lotta che si vuole promuovere tra gli stu­denti e nel paese, povera Roma Tre; povera Italia.


Se invece voi che leggete queste righe, docenti o studenti, ritenete di non riconoscervi nella vo­tazione, avete ora un compito davanti a voi.


Dovete discutere con amici e colleghi dell'impo­stazione unilaterale che, con il voto, si è voluto dare alla lotta contro la 'Riforma' Moratti.  Poi, se ritenete che sia il caso, dovete trovare il mo­do di farvi sentire nelle sedi appro­priate.


Sono a disposizione – nel mio uf­ficio (3.09, Di­partimento di Linguistica) o da­vanti all'entrata della Facoltà – per ogni chiari­mento.


Roma, 6.10.2005 Patrick Boylan
Docente, Lingua/traduzione inglese
Università degli Studi Roma Tre








     


Mozione dell'assemblea degli studenti e dei docenti

della Facoltà di Lettere e Filosofia,

riunita il 5 ottobre 2005,

e approvata all'Unanimità.



L'assemblea degli studenti e dei docenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Roma Tre si associa alla presa di posizione del Consiglio di Facoltà (mozione del 3 ottobre 2005) in merito al DDL Moratti, approvato dal Senato della Repubblica. L'assemblea:


prende atto dello stato di agitazione iniziato lunedì 3 ottobre e si impegna a sostenerlo e ad estenderlo al di fuori della Facoltà aderisce al blocco di ogni attività didattica dal 10 al 15 ottobre indetto dalle associazioni della docenza (documento del 28 settembre 2005)


decide di istituire un comitato di Facoltà per il coordinamento della protesta ritiene che nel periodo di interruzione delle attività didattiche la Facoltà debba rimanere luogo di riflessione e dibattito; a tale scopo si propone di organizzare una serie di manifestazioni all'interno ed all'esterno della Facoltà, incluse forme alternative di didattica riconvoca l'assemblea per lunedì 10, alle ore 10, per decidere le ulteriori forme di lotta.


Roma, 5 ottobre 2005


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