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Roma, 19.11.2007

Cari colleghi,


vi scrivo per chiedere il vostro sostegno durante il Consiglio di Facoltà dopodomani. Questa è forse l'ultima volta che interverrò.


Intendo presentare una mozione che chiede al mio Collegio Didattico (Lingue e Linguistica), in nome della Facoltà, di riconsiderare l'aggiunta alla Tabella 12 (Corso di Laurea Triennale in “Mediazione Linguistica”) che io ho presentato all'ultimo consiglio del Collegio, ma che non ha potuto essere deliberata, pur avendo riscosso molti consensi. Mancava il tempo necessario ad una approfondita riflessione, si è detto, quindi la modifica è stata per ora archiviata in attesa della revisione dei curricula che avverrà presumibilmente tra qualche anno.


La mia proposta mira a ridurre il forte numero di abbandoni che affligge tutti i corsi di laurea in Italia e da noi a Lingue in particolare (quasi il 70% delle matricole a Lingue abbandona il corso di laurea dopo un anno o due). Le cause sono tante ma quella principale, secondo le mie indagini decennali, è la rigidità dell'offerta didattica. La modifica alle Tabelle da me proposta mira perciò a diversificare maggiormente l'offerta, aggiungendo le letterature (extra-)europee ai curricula tuttora sprovvisti. Ciò potrebbe ridurre gli abbandoni a Lingue di circa una centinaia di studenti ogni anno.


Sì, è tardivo, convengo. Ma si tratta di vite umane e, in un'ottica più vasta, di perdite secche per l'Italia che, a causa della penuria di laureati (portiamo al compimento degli studi due o tre volte meno studenti degli altri paesi europei), stenta a far valere il suo ingegno nell'arena mondiale.


La ratio della mia proposta è questa: il futuro Corso di Laurea in Mediazione Linguistica offrirà due curricula, Lingue e Linguistiche (per le lingue europee) e Operatori per la Comunicazione Interculturale (per le lingue extraeuropee). Nel primo curriculum prevalgono le scienze del linguaggio: vengono formati futuri linguisti, addetti per l'editoria e via discorrendo. Nel secondo curriculum prevalgono le lingue e, tra gli affini, i “linguaggi delle professioni”, ossia le discipline storico-politiche, economiche, giurisprudenziali. Ad ogni curriculum corrisponde poi una laurea magistrale avente le stesse caratteristiche: lingue e linguistica o lingue e linguaggi delle professioni.

Ma a questa differenziazione si è voluto aggiungere anche quella del tipo di lingua offerto: nel primo curriculum ci sono soltanto le lingue e letterature europee, nel secondo curriculum soltanto quelle non europee (arabo, cinese, somalo) insegnate a Roma Tre. Questo vuol dire che lo studente che desidera specializzarsi in francese non può scegliere di formarsi come mediatore interculturale, mentre lo studente di cinese non può scegliere di specializzarsi in linguistica. Questa rigidità nell'offerta obbliga molti studenti a scegliere lingue che non interessano pur di seguire percorsi che corrispondono ai loro interessi professionali, o vice versa. Eppure l'Italia ha bisogno di mediatori interculturali che sappiano lavorare nelle lingue europee tanto quanto in quelle non europee. Ha bisogno di linguisti ferrati in lingue simili all'italiano ma anche in lingue molto diverse.

La mia proposta è dunque di togliere dai titoli dei due curricula le menzioni “lingue europee” e “lingue extraeuropee” e, inoltre, di aggiungere le letterature europee al secondo curriculum e le lingue e letterature orientali al primo. Occorre anche due o tre cambiamenti non sostanziali, per mettere meglio in risalto la differenziazione tra i due curricula – i dettagli sono visibili qui.)


Si trattta di una proposta semplice, dunque, che consente agli studenti di scegliere e la lingua e il percorso formativo più consoni alle proprie radici motivazionali e al bagaglio di studi precedenti.


Cari colleghi, è vero che le pratiche vanno chiuse al più presto, com'è vero che i responsabili del mio CD hanno già prodigato tanti sforzi per implementare l'attuale Tabella 12. Ma è così irragionevole chiedere uno sforzo in più, anche vista la lieve entità dei cambiamenti da apportare?


Ogni tanto prendo la parola nei Consigli di Facoltà – come nel mio Collegio Didattico – per dare voce alle richieste pressanti di sapere formulate dagli studenti e della società italiana tutt'intera per il settore Lingue. Ma vorrei che rendiate conto, riflettendoci su per un momento, che mai in questi anni ho chiesto qualcosa per me o per il mio – come si dice in gergo accademico – “orticello”. Questo perché il mio “orticello” non è il settore Lingue e Traduzione – se fosse per me, coltiverei la stilistica letteraria. Solo che da 40 anni vedo che la pressante richiesta dei saperi indicati prima non è stata soddisfatta: cerco dunque di venirle incontro e di sollecitare questa Facoltà a fare altrettanto. Non lo faccio “per le lingue”, ma per contrastare l'alta percentuale di abbandoni nel mio CD.


E così mi sono trovato proiettato tra le polemiche, come se io avessi toccato qualche nervo scoperto. Per le mie prese di posizione mi sono fatto ostracizzare per decenni – senza fondi di ricerca, zittito nei consigli, malignato, con la mia prima supplenza da ricercatore all'età di 60 anni e la cattedra in chiusura di carriera (mentre nel contempo altre università – la Sorbona, Lille, Lipsia, Ghent, Napoli, Perugia – mi invitavano a venire a tenere lezioni di traduttologia e di comunicazione interculturale).


Ma una cosa desidero chiarire una volta per tutte, dal momento che questo è forse il mio ultimo discorso a voi della Facoltà: l'ostracismo cui ho appena accennato non è affatto dovuto ad un presunto mio carattere litigioso, tutt'altro: rifiuto lo stereotipo. In quasi tutte le facoltà in cui ho lavorato, invece, ho visto sì caratteri litigiosi, colleghi che si arrabbiavano e piangevano per contendere fondi di ricerca, promozioni, nomine, pubblicazioni, spazi e uffici, inviti congressuali e quant'altro, mentre io mi sono sempre tenuto fuori da litigi simili, non ho mai innestato polemiche, non ho mai chiesto una sola di queste cose per me. Su questi capitoli i colleghi del mio CD vi potranno dire che sono accomodante al massimo. E' su un punto solo che non transigo, uno solo: l'altissima percentuale di abbandoni a lingue, anche per via delle rigidità nei curricula e nei programmi. Su questo punto non mi adeguo: ogni abbandono per me è una piccola morte, non posso rassegnarmi ad aspettare tempi migliori per fare qualcosa, il tempo per agire è ora.


Ed ora vi chiedo di sostenere la mia richiesta di non accettare la Tabella 12 com'è a presente ma di invitare il mio CD a fare un ultimo sforzo per ritoccare i documenti e per inserire i pochi cambiamenti necessari per aprire entrambi i curricula agli studenti di qualsiasi lingua di specializzazione. Durante il consiglio del CD in cui ho presentato la proposta mancava il tempo per riflettere? Ebbene da allora sono passate due settimane, il tempo per tutte le riflessioni del caso.


Ho già comunicato al mio Collegio – ed ora comunico a voi della Facoltà – che se non saremo capaci di fare qualcosa ora, e non tra qualche anno, finito questo semestre mi dimetto; non intendo continuare a vedere, per il tempo che mi rimane, due cento studenti di Lingue che abbandonano ogni anno quando avremmo potuto salvarne la metà facendo un piccolo sforzo in questi giorni.


Quindi sto chiedendo questo. Non sto chiedendo altro. Tenetevi i fondi di ricerca, le promozioni, le nomine, le pubblicazioni, gli spazi e gli uffici, gli inviti congressuali e quello che vi pare: ma datemi questo. Capisco che, con ciò, sto chiedendovi di mettere da parte una regola ferrea tacita all'Università, ossia “Non occuparsi del Collegio Didattico altrui”. Ma il Preside stesso ci ha più volte chiamati a superare la logica degli orticelli. Facciamo dunque questo passo.


Vi ringrazio per la vostra considerazione.



Patrick Boylan

boylan@uniroma3.it