Immagina di essere stato presentato alla coppia nella fotografia a destra: essi esclamano “You're Italian, huh?” (/ /).   Il significato “da dizionario” delle loro parole è ovvio; ma che cosa di preciso hanno in mente questi due americani quando dicono “Italian”?   (Non è certo l'immagine che suscita la parola “italiano” per te.   Del resto, dicono / / anziché / /; questa pronuncia popolare è forse segno di una visione stereotipata: ma quale?)   Cosa significa per loro la parola “You”?   (Quando un negoziante italiano si rivolge a te chiedendo “Cosa vuole?” o “Cosa volete?” o “Cosa vuoi?”, sai che non ti considera alla stessa maniera a seconda che usi “Lei”, “Voi” o “Tu”: ma quale atteggiamento esprime lo “You” detto dagli americani nella fotografia?)   Hai colto il significato del loro “huh”?   (Il dizionario dice che questa forma interrogativa è simile allo “eh?” italiano, ma non spiega tutti i valori sociali che essa trasmette e che la rendono anche diversa.)  

Ecco perché Accenti sull'America presenta lo studio della lingua insieme allo studio della cultura.   Il punto di partenza per capire un discorso in qualsiasi lingua non sono le parole o la sintassi che le lega bensì (1) gli uomini che creano e interpretano il discorso; (2) le reti simboliche che legano quegli uomini tra di loro, al loro ambiente e al sistema stesso generato dalle varie reti; (3) la situazione che li ha spinti a parlare.   Ma per capire a fondo il discorso, non basta saper descrivere queste cose.   Bisogna saper stare tra quegli uomini, inserirsi in quelle reti, agire in quella situazione.  

Questo è (o dovrebbe essere) l'orientamento persino degli “archeologi” delle lingue e culture straniere, cioè degli studiosi che interpretano i reperti culturali del passato: un saggio letterario, un vecchio piano urbanistico, un arredamento, un quadro come quello che vedi sopra a sinistra – tutte forme mediate che, nascondendo tanto quanto svelano, ti propongono comunque l'immagine che un popolo si è fatto di sé.   A maggior ragione dovrebbe essere l'orientamento di chi, come te, studia l'inglese “da architetto”, cercando di assimilare un nuovo sistema linguistico-culturale per poter costruire a sua volta discorsi che “reggono”. 

Da archeologo, trovandoti preclusa la sperimentazione diretta e indiretta, potresti sempre sperare di capire qualcosa di un quadro o di un saggio letterario – e della gente che l'ha prodotto – rimanendo rinchiuso in una galleria o in una biblioteca e svolgendo analisi comparative.   (Con ogni probabilità, le tue analisi diranno molto di più sulla tua cultura che su quella da te studiata: sono i rischi di questo genere di impresa.)   Ma volendo capire un quadro (o un piano urbanistico o un arredamento o un saggio) prodotto da una cultura oggi esistente – capirlo in modo immanente, addirittura al punto di poterne fare altri simili – ti serve un metodo di lavoro ben diverso.   Devi cercare di assimilarti a quella cultura, introiettando i suoi valori e sperimentandoli sul posto da insider (al limite da etnologo) – v. lezioni 50-59.   Se hai scelto di studiare una lingua viva, è appunto per poter fare questo genere di studio, no?  

Molti professori pensano invece che solo l'analisi e non l'assimilazione di un'altra cultura sia cultura (e quindi finalità di un insegnamento scolastico o universitario).   Rifiutano di darti, in quanto non competerebbe loro, gli strumenti per afferrare e gestire tutta quella parte della lingua e cultura straniera che non si è lasciata rinchiudere in una cornice o rilegare in un libro.   Ed è tanta.   Ma le cose possono anche cambiare, se vuoi.  

Dipende, per esempio, da come tu continui a usare (e quindi a valorizzare) una parola come “cultura” (La usi parlando solo di quadri e di libri?), “sapere” (La usi parlando solo di dati e di concetti?), “rispettare” (Questa parola ti viene subito in mente vedendo chi parla da una cattedra?), “lingua” (Chiami così solo le forme “corrette” del parlato, essendo tutto il resto “gergo” o “dialetto”?), “stranieri” (Questa parola significa per te solo loro e mai noi?).   Infatti, il particolare modo di concepire in Italia l'insegnamento delle lingue viene conservato e tramandato, come ogni altra tradizione, anche attraverso il linguaggio stesso con il quale la gente comune – te compreso –  ne parla.  

Ecco perché i discorsi “di fondo” in Accenti sull'America sono stati sempre in italiano.   È nel modo in cui tu usi la tua lingua materna che vanno ricercati i nodi da sciogliere se vuoi imparare meglio le lingue straniere.