14.09.1999   ©1999 - Patrick Boylan – patrickboylan.it

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In: G. Casadei, F. Riguzzi & L. Saitta (Eds.), Intelligenza Artificiale e Didattica, CLUEB, Bologna, 1999, pp. 90-99.

 

IL PARADIGMA SELF-DIRECTED LEARNING PER I SISTEMI INTELLIGENTI DI SUPPORTO ALL’APPRENDIMENTO

P. Boylan1, A. Micarelli2, F. Sciarrone2
1Dipartimento di Linguistica, 2 Dipartimento di Informatica e Automazione
Università degli Studi Roma Tre

 

Riassunto

Viene descritto un Sistema informatico che insegna, a chi sa leggere una lingua straniera ma non parlarla o scriverla bene, a comporre subito lettere d’affari efficaci nella lingua in questione. Un motore di ricerca case-based presenta all’utente brani estratti da lettere in lingua di comprovata efficacia, da "cucire" insieme. I brani, oltre a realizzare l’intento comunicativo specificato dall’utente, sono consoni con la sua personalità nonché la cultura e personalità del destinatario. Ma l’aspetto più innovativo del Sistema è la metodologia didattica alla base, ispirata al costruttivismo e al self-directed learning. Il Sistema rappresenta un modo diverso di concepire la didattica assistita dal computer e non solo.
 

Introduzione

 

Allettato dalle sofisticate risorse offerte dal nuovo hardware multimediale e dalla possibilità di realizzare sistemi di supporto all’apprendimento altamente adattativi, il progettista di software didattico spesso finisce col chiedersi come implementare un determinato percorso d’insegnamento ma non cosa bisogna insegnare, a chi e perché. Finisce cioè, suo malgrado, col riproporre sullo schermo del PC — in versione multimediale interattiva — i contenuti disciplinari e le pratiche didattiche che caratterizzano l’insegnamento tradizionale (Boylan 1995).

Prima d’iniziare la progettazione di un software didattico, perciò, bisogna chiedersi cosa significano i concetti di "sapere" e di "insegnare" — sempre problematici — nella specifica situazione educativa su cui ci si propone di agire.

La proposta didattica che esamineremo in questa sede si rivolge a quella parte della popolazione adulta che, per motivi lavorativi, si trova costretta a redigere lettere in lingua (perlopiù in inglese) ma che non possiede le basi per poter giudicare con sicurezza né la correttezza né l’appropriatezza né l’efficacia di quanto scrivono. Si pensi, ad esempio, alle migliaia di segretarie d’azienda costrette a sbrigare la corrispondenza in lingua sulla base di una scorta di lettere-modello che devono ripescare continuamente dagli archivi ma che non sono sempre adatte alle nuove circostanze.

A questi soggetti serve dunque uno strumento di apprendimento informale che — nell’alleggerire il lavoro — consenta loro d’imparare ciò che basta per ottenere dall’ambiente le reazioni desiderate (il vero in quanto verificatosi di Dewey: vedi Hickman, 1996:3-28).

La proposta didattica che esaminiamo qui vuole dare una risposta alle esigenze di questa utenza, fornendola di uno strumento educativo basato sul paradigma didattico del self-directed learning e su quello epistemologico del costruttivismo. Viene infatti descritto un Sistema informatico che, dialogando con l’utente, lo sprona a trovare in sé e nell’ambiente il sapere di cui abbisogna.

Ma il discorso vuole essere più ampio: il self-directed learning, a nostro parere, dovrebbe ispirare la didattica non solo di quanti progettano il software educativo ma anche — e soprattutto — di chi insegna nelle scuole e all’università.

 

2. Il Paradigma Self-Directed Learning

Implicita nella maggior parte dei Sistemi Intelligenti di Supporto all’Apprendimento — tra cui gli Intelligent Tutoring Systems (ITS) — è la premessa secondo cui il sapere di cui un determinato allievo necessita possa essere predeterminato e modellato come "base di conoscenza" riguardante un "dominio" (area dello scibile). Tramite esercizi interattivi, tale sapere andrebbe poi travasato nella mente dell’allievo (o, con una didattica soft, fatto scoprire dall’allievo). L’intelligenza del Sistema consisterebbe nel dosare le informazioni da assimilare (rappresentate dal "Modello del Dominio") e nell’ottimizzare i percorsi da seguire per assimilarle, in base alle conoscenze pregresse dell’allievo, al suo stile di apprendimento e alla sua interazione con il Sistema (diagnosticati da un Modulo Didattico e rappresentati da una base di conoscenza chiamata "Modello Utente": Rich, 1983; vedi fig. 1).

fig. 1   Pedagogia direttiva: attraverso l’interazione guidata dal Modulo Didattico e realizzata tramite un Modulo Dialogico, il Sistema cerca di fare diventare lo Stato delle Conoscenze nel Modello dell'Utente uguale a quello (predeterminato) nel Modello del Dominio.
 

A questa visione dogmatica del sapere e fondamentalmente autoritaria dell’apprendimento si oppongono due correnti moderne: la visione costruttivista del sapere (Jonassen et al., 1997) ispirata a Piaget (1923) e Vygotsky (1984 [1956]) e la nozione di self-directed learning sviluppata in Gran Bretagna negli anni ’70 (Trimm, 1973, 1976).

Un self-directed learner (letteralmente, "apprendente auto-diretto") è più che un "autodidatta". Normalmente il termine "autodidatta" indica, infatti, l’individuo che segue un corso preconfezionato per lo studio a casa, corredato da esercizi autocorrettivi prestabiliti ed eventualmente da una verifica finale normalizzante (per esempio, i corsi universitari diffusi in TV e corredati da prove di comprensione a risposta fissa inviate per posta). Un self-directed learner, invece, stabilisce i propri traguardi di apprendimento nonché i criteri di accertamento del raggiungimento del sapere di cui ha bisogno. Nell’adoperare i materiali didattici (che egli impara a scegliere con giudizio o addirittura a fabbricare per conto proprio), egli "costruisce" — o meglio, "ricostruisce" — il sapere di cui necessita. Ciò facendo, egli adotta lo stile di apprendimento a lui più confacente e aggiusta il proprio percorso di studio alle proprie conoscenze pregresse.

L’apprendimento auto-diretto non è affatto utopistico. Si comportano da "self-directed learners" il bambino che — scambiando figurine, chiacchierando con gli amici, guardando le partite in TV — impara a nominare e a riconoscere dallo stile di gioco tutti i calciatori della squadra del cuore; l’adolescente che impara da solo — usando dischi e libri e osservando la tecnica degli amici musicisti — a suonare con passione uno strumento musicale; l’universitario che scrive una tesi di laurea per rispondere ad una domanda per lui importante e che, pertanto, si rivolge saltuariamente al professore per avere un confronto d’idee e non per ricevere direttive.

Nel presente articolo verrà illustrato un ITS — cioè, un Sistema informatico capace di dialogare con l’utente allo scopo di agevolare l’apprendimento — progettato secondo i dettami del costruttivismo e del self-directed learning per insegnare in maniera non direttiva a redigere lettere commerciali più efficaci. Le lettere possono essere in qualsiasi lingua a patto che:

Così concepito, il Sistema costituisce uno strumento per l’apprendimento autonomo non solo delle tecniche della comunicazione epistolare efficace ma anche, in misura non trascurabile, delle lingue straniere. Per quanto riguarda il secondo punto, infatti, il Sistema sprona l’utente ad associare discorsi in lingua — autentici e culturalmente densi — a precisi intenti comunicativi che egli sente come propri, il principio di base della didattica delle lingue (Boylan, 1981, 1995; Boylan & Micarelli, 1997). In questo modo il Sistema aiuta l’utente a trasformare le proprie conoscenze linguistiche passive in conoscenze attive.

Il nostro ITS è stato concepito in prima istanza per essere utilizzato nel mondo del lavoro — ad esempio, da segretarie alle prese con la corrispondenza con l’estero — in quanto tale ambiente è

Come funziona l’ITS? Tramite una faccia parlante (il "Tutore") il Sistema sprona l’utente a definire cosa vuole ottenere dal destinatario della lettera che si accinge a scrivere. In seguito, procedendo paragrafo per paragrafo, il Tutore presenta all’utente un ventaglio di mosse da effettuare, chiedendogli di optare per una di esse. Il Sistema fornisce poi una serie di brani — quelli retoricamente più idonei, non importa se provengono da lettere diverse e riguardano altri temi — che l’utente taglia e cuce insieme per comporre il testo. Rimane soltanto il lavoro di aggiustare i raccordi e di cambiare i riferimenti alla situazione attuale. Se il Tutore presenta brani perfettamente idonei per quel caso o comunque se sceglie, tra i brani immagazzinati nel Sistema, quelli che l’utente stesso avrebbe scelto se avesse avuto tempo per esaminare l’intero archivio, diremo che il Sistema è "intelligente".

Il lavoro che deve affrontare l’utente — quello di cucire insieme ed aggiustare i brani — viene facilitato dalle etichette attaccate ad ogni paragrafo, le quali indicano le mosse discorsive realizzate dai brani medesimi. (In futuro, l'ITS potrà anche essere dotato di un sistema di assistenza, ossia di un tasto Help che presenta, a richiesta, brevissimi tutoriali su argomenti come le formule di cortesia o le parole di raccordo nella lingua straniera utilizzata.) Comunque, l’utente è libero di non badare alle etichette e di non invocare mai l’Help. Una segretaria indaffarata o un corrispondente con l’estero competente può tagliare e cucire i brani in base ai propri criteri, seppure inesplicati. Gli utenti sono lasciati liberi di scegliere quali brani utilizzare e come raccordarli proprio perché avranno modo di constatare l’impatto delle loro scelte nel mondo reale (dal sorriso o dall’alzata di sopracciglia del capo, dai commenti dei rappresentanti esteri dell’azienda, dai suggerimenti del traduttore in-house, ecc.). Ogni utente, dunque, fabbricherà per se stesso il sapere di cui constata di aver bisogno. Il Sistema non gli fornisce un giudizio di valore sulla bontà delle sue scelte; anzi, il Sistema dipende dalle scelte dell’utente per sapere quali brani risultano più idonei in determinate circostanze e quindi quali brani sono da proporre prioritariamente in futuro in circostanze analoghe. Per incoraggiare l’utente a cercare riscontri nel mondo reale, il Sistema propone comunque, periodicamente, un questionario chiedendo all’utente se egli ha avuto feedback rispetto alla corrispondenza inviata; in base alle risposte date, il Sistema aggiusta i pesi positivi o negativi assegnati ai vari brani.

In sintesi, il Tutore considera che il sapere di cui l’utente ha bisogno è quello sufficiente per agire nel mondo reale nella maniera in cui egli desidera agire. Se all’utente (e alla sua impresa) preme dare ai destinatari della corrispondenza aziendale l’impressione di precisione e di efficienza, l’utente utilizzerà l’ITS per realizzare lettere linguisticamente corrette, pragmaticamente efficaci e culturalmente autentiche. Se invece all’utente (e alla sua impresa) basta il pressappochismo nella corrispondenza aziendale — ad esempio, perché i destinatari hanno una conoscenza scarsa, anche loro, della lingua straniera utilizzata come tramite e perché nella cultura dell’utente e dei destinatari i contatti faccia a faccia contano più che le lettere — allora l’utente utilizzerà l’ITS per realizzare sbrigativamente lettere spesso grammaticalmente sbagliate e solo minimamente efficaci. Non importa: per quell’utente e per quell’azienda esiste un diverso ordine di priorità nell’investire tempo e sforzi, il quale va rispettato. L’insegnamento non direttivo, proprio in quanto rispetta le priorità dei singoli allievi, consente loro di definirsi responsabilmente sia per quello che sono che per quello che sanno.

Inoltre va ricordato, per quanto riguarda la corrispondenza in lingua inglese, che in molte aree del mondo, per via dei trascorsi coloniali, usare un "perfetto" inglese — quello cosiddetto "della Regina" — potrebbe addirittura risultare controproducente (Quirk, 1978). Lo stesso vale per l’invio di lettere commerciali che contengono strategie discorsive troppo "ben congegnate" (Ulijn & Strother, 1995). Nel rispettare le scelte espressive di ognuno, l’insegnamento non direttivo lascia che i soggetti definiscano le "regole del gioco" del loro ambiente; riconosce che comunicare non è un semplice processo di codifica/decodifica in base a norme universali stabilite a priori, bensì una messa in relazione di "modi di essere" e una ricerca continua delle norme che possono definire quel relazionarsi.

 

3. Il Paradigma Case-Based Reasoning

Sul piano delle tecniche dell’Intelligenza Artificiale, il Sistema da noi ideato sfrutta il Case-Based Reasoning (Schank, 1990), paradigma consono alle nostre scelte epistemologico-didattiche, vale a dire il costruttivismo ed il self-directed learning. Infatti, il Case-Based Reasoning, ossia il ragionare sulla scorta di casi esemplari, riconosce il primato dell’induzione sulla deduzione nell’elaborazione di un sapere (le sistemazioni logiche sono sempre costruzioni post hoc). Una didattica, dunque, tesa a rinforzare questa capacità mentale fondante (che la scuola e l’università trascurano) prepara meglio l’allievo ad afferrare il vero nel mondo concreto (Schank & Birnbaum, 1995).

Coerentemente con questa visione, il nostro Tutore non insegna "regole di buona scrittura" lasciando che in seguito l’utente debba dedurre, ogni qualvolta si accinga a scrivere una lettera, quale principio applicare e come farlo nel concreto. Al contrario, il nostro Tutore presenta, per ogni lettera che l’utente deve scrivere, casi idonei di scrittura efficace utilizzati in passato, cioè casi pronti ad essere riutilizzati tali e quali. Dall’applicazione di questi casi alla situazione di scrittura attuale l’utente poi giungerà, col tempo, a indurre i principi generali di buona scrittura (personalizzati a seconda delle sue preferenze idiosincratiche).

Abbiamo, del resto, molti riscontri nella vita corrente dell’efficacia del processo induttivo per risolvere problemi concreti. Ad esempio, se dobbiamo affrontare un discorso difficile con qualcuno e non sappiamo cosa dire, riusciamo a trovare "ispirazione" se, abbandonando i ragionamenti logici e sdraiandoci un istante, ci lasciamo andare a fare "associazioni libere". I casi che sorgono nella nostra mente possono avere solo lontane analogie con il discorso che dobbiamo delineare. Non importa: sfruttando quelle analogie, costruiamo casi nuovi, fatti con "pezzi" di quelli che ci erano sorti in mente. Ognuno dei casi da noi fantasticati rappresenterà una strategia con una probabilità di successo più o meno grande nella situazione attuale. Quindi, calcoliamo (approssimativamente) i vari esiti, optiamo per la strategia verosimilmente vincente ed infine abbozziamo il nostro discorso. In seguito, a seconda dell’esito delle nostre parole, diamo pesi positivi o negativi ai diversi "pezzi" che abbiamo scelto e incollato insieme — pesi che, in futuro, faranno tornare in mente più facilmente quei brani (e le strategie discorsive ad essi associate) piuttosto che altri.

L’ITS che presentiamo porta l’utente a compiere un percorso simile, automatizzando la parte iniziale (il reperimento di casi idonei) e finale (l’assegnazione di pesi per migliorare i reperimenti futuri). L’ITS, invece, non automatizza la parte intermedia: sprona l’utente a cercare da solo il rapporto tra i Casi reperiti e la situazione attuale. Naturalmente, il Tutore aiuta l’utente indirettamente a trovare le analogie fornendogli Casi che, in teoria, "parlano da sé". Ma il valore educativo dell’ITS sta proprio nello spronare l’utente ad esercitare il proprio giudizio, capacità induttiva basilare che si sviluppa solo attraverso una pratica guidata (Micarelli & Humphris, 1991; Micarelli & Boylan, 1997).

Richiede giudizio, infatti,

Il nostro ITS, dunque, mira anzitutto a sviluppare negli utenti il Case-Based Reasoning come modalità di comprensione empirica e come metodo di risoluzione di problemi contingenti. Il Sistema non ragiona per gli utenti; esso si limita a facilitare il loro compito di ragionamento fornendo esempi idonei e in ciò riteniamo che consista la sua "intelligenza" .

Premesso ciò, va precisato che il paradigma Case-Based viene sfruttato anche internamente dal nostro ITS per collocare e reperire le informazioni utili al proprio funzionamento: il Sistema, cioè, ragiona in base a "Casi" (vedi anche Micarelli & Sciarrone, 1996). Ma cosa intendiamo con questo termine?

Abbiamo visto che, sul piano didattico e coerentemente con la nostra visione costruttivista del sapere, un "Caso" consiste in un insieme fortuito di eventi capace di servire da analogia, non in un "modello prestabilito da emulare" e tanto meno in un "insieme di regole da seguire". Vediamo ora questa definizione di "Caso" nella sua implementazione informatica, ossia nell’architettura del nostro Sistema.

Per il nostro ITS, un "Caso" è una Istanza di Comunicazione Epistolare in cui vengono messi in relazione tra di loro:

Come si vede, un Caso non è una Lettera conservata nella base di conoscenza del sistema come modello fisso e tanto meno una serie di regole per costruire lettere-modello. Un "Caso" è una rete che lega determinati brani epistolari (collocati in lettere diverse) ai dati che descrivono le caratteristiche di determinati utenti che hanno voluto fare determinati discorsi a determinati Destinatari. Materialmente, cioè, un Caso è un insieme di puntatori che designano (e quindi legano) momentaneamente un certo numero di attributi collocati nelle diverse basi di conoscenza che compongono il Sistema.

 

Un caso
(sopra la situazione o il problema; sotto il testo idoneo o la soluzione)

D (8,32) (34,60) (12,98) (16,12) (55,21); M (2,32) (24,60) (32,93) (16,16) (58,28);
I (7,33) (36,67) (18,93) (12,11) (54,61);
-----------------------------------------------------------------------------------------------
B (77,37) (36,30) (42,58) (66,32) (95,64)

 

Per via della riutilizzazione dei brani nel corso del tempo, un determinato brano può essere associato a diversi insiemi di attributi. Per esempio, il breve paragrafo in inglese "Would you kindly comply" può essere associato ad attributi come "preghiera" (Mossa), "britannico" (Destinatario), "schietto" (Utente) — e in questa istanza il brano farà parte di un certo Caso — e nel contempo può essere associato ad attributi come "preghiera" (Mossa), "americano" (Destinatario), "garbato" (Utente) e quindi far parte anche di un secondo Caso. Non solo. Gli attributi che definiscono un determinato Caso col tempo possono variare: i casi contenuti nel Sistema mutano col mutuare del loro utilizzo.

La nostra concezione del Caso — che si risolve formalmente in un incontro transitorio di attributi — si differenzia nettamente dall’uso consolidato del termine nella letteratura, dove un "Caso" è un componente fisso in una libreria di esempi (Schank, 1990). Ha tuttavia qualche analogia con le moderne teorizzazioni sul funzionamento del cervello umano. La ricerca neurobiologica ha dimostrato, infatti, che la memoria di una parola o di un evento non è affatto costituita da una singola catena di neuroni localizzata in una "casella" del cervello, bensì da varie catene di neuroni localizzati in varie parti di una o più regioni del cervello (Freeman 1995). Gli "indirizzi" delle varie catene sono conservate nell’ippocampo, zona del cervello capace di attivarli contemporaneamente e quindi di "riunirli" virtualmente come ricordo (o, se le varie catene vengono dinamizzate per via associativa, come fantasticheria o sogno). Tuttavia, gli "indirizzi" che costituiscono una determinata parola o evento possono, per via dell’uso, subire cambiamenti (eliminazioni, sovrapposizioni, ecc.) alternando la natura e la disponibilità del ricordo e quindi la costituzione del ricordo come Caso.

Dal punto di vista dell'architettura (Papagni et al., 1997)., il nostro Sistema è quindi composto da:

(i) una Base di Conoscenza contenente le lettere-modello etichettate paragrafo per paragrafo: le etichette indicano quale "mossa discorsiva" viene realizzata dal brano a cui sono associate;
(ii) da un Modulo che incorpora le librerie di stereotipi, in grado di costruire dinamicamente un Modello Mittente (che corrisponde normalmente all’utente del Sistema), un Modello Destinatario e l’Intento Comunicativo. Infatti, come nella formalizzazione dell’Intento Comunicativo, le caratteristiche psicologiche e culturali del Mittente e del Destinatario sono raccolte inizialmente dal Sistema tramite questionario e poi associate ad uno stereotipo preso tra quelli elaborati off-line dall’esperto in comunicazione interculturale. Lo stereotipo associato ad ogni Mittente o Destinatario viene successivamente aggiornato dal Sistema in base alle scelte di lettere effettuate nel tempo o ai cambiamenti nelle risposte al questionario che inizia ogni seduta (per esempio, l’utente può decidere di utilizzare d’ora in poi l’inglese americano anziché l’inglese britannico, oppure di passare da "garbato" ad "amichevole" rispetto ad un determinato Destinatario).
E’ importante notare che, per via delle nostre scelte epistemologiche e didattiche, il nostro Modello Utente si differenzia da quello classico descritto nella letteratura (Rich 1983): non mira a rappresentare le conoscenze possedute dall’utente o il suo stile di apprendimento; si limita ad annotare le sue caratteristiche psico-socio-culturali nonché le sue scelte nel comporre le lettere;
(iii) da un Modulo Esperto che gestisce l’interazione e che effettua la ricerca dei brani epistolari. Di nuovo, segnaliamo le differenze tra il nostro Modulo Esperto e i Moduli Didattici comunemente descritti nella letteratura: il nostro non elabora un percorso didattico da seguire, né valuta il lavoro svolto dall’utente; cerca di mettere nelle mani dell’utente gli strumenti giusti nel momento giusto (quando l’utente ne sente il bisogno) per ottenere una presa sul mondo reale (nella fattispecie, per ottenere una presa sul Destinatario); fornisce suggerimenti solo indirettamente (le etichette) o a richiesta (i brevi tutoriali attivati con il tasto Help).

 

4. Conclusione

Presentato in questi termini, il nostro ITS può sembrare tutto fuorché uno strumento didattico. Ad un informatico potrebbe sembrare niente di più che un sistema esperto concepito per interrogare una base di conoscenza contenente lettere etichettate. Ad una segretaria d’azienda, il Sistema potrebbe apparire come un programma di videoscrittura dotato di un vasto archivio di brani da cucire insieme (boilerplating) — qualcosa come il sistema di Autocomposizione di lettere modello già incluso in molti programmi di elaborazione testo.

Noi riteniamo invece che l’ITS vada considerato uno strumento didattico a tutti gli effetti. Se esso non appare tale, è semplicemente perché si ha l’idea che "insegnare" significa fare ciò che il nostro ITS (volutamente) non fa:

"spiegare concetti"
e poi "valutare la comprensione di quanto spiegato".

Una tale visione della didattica ha radici secolari, difficili da estirpare. Certo, bisogna pur ammettere che il metodo della "spiegazione e valutazione" — praticato ovunque nelle nostre scuole ed università — ha prodotto, generazione dopo generazione, un grande numero di diplomati e laureati intelligenti e ben preparati. Ma questo metodo ha prodotto un numero ancora più grande di diplomati mal preparati e di universitari che hanno abbandonato gli studi. E’ possibile che tutti quelli che sono stati mal preparati a scuola siano stati degli "svogliati"? Dobbiamo concludere che tutti quelli che hanno abbandonato l’università (il 66% degli iscritti) siano "poco tagliati per lo studio"? Le cause di questi insuccessi del nostro sistema educativo sono sicuramente molteplici. Ma bisogna comunque chiedersi se il metodo della "spiegazione e valutazione", invece di istruire i più deboli, non serva — nella pratica — soltanto a selezionare i più forti.

Del resto, a pensarci bene, le "spiegazioni" non dovrebbero affatto far parte di un insegnamento ben fatto, se non accessoriamente. "Spiegare", infatti, non è il lavoro proprio di un docente: è il lavoro del conferenziere o del divulgatore in TV. Il lavoro specifico del docente — quello che non può fare il conferenziere dall’alto del suo podio o il divulgatore con tutti i mezzi audiovisivi che ha a disposizione — è fornire all’allievo un ambiente consono ai suoi bisogni e in cui egli possa trovare gli strumenti per costruire da solo le conoscenze di cui ha bisogno. "Insegnare" nel senso pieno che il termine acquisisce nell’ottica costruttivista, significa infatti non incanalare l'allievo bensì rimuovere gli ostacoli al libero sviluppo della sua intelligenza e del suo giudizio. Di conseguenza, il termine "apprendere" assume il significato di acquisire una presa effettiva sulla realtà e più precisamente su ciò che conta nell’ambiente in cui il soggetto si riconosce.

Invece, per un fautore della didattica direttiva, l'ambiente dell'allievo non può determinare i saperi da far acquisire: esiste un unico sapere, obiettivamente codificabile in un Modello del Dominio, a cui bisogna far conformare la mente dell’allievo. In questa ottica, pertanto, chi progetta un ITS deve prevedere un Modello Utente capace di rappresentare lo Stato delle Conoscenze dell’allievo, da aggiornare con ogni interazione tra allievo e Sistema. Quando lo Stato delle Conoscenze nel Modello Utente diventa identico a quello del Modello del Dominio, si conclude che l’allievo "sa" la materia.

Il nostro ITS, invece, si basa su quattro postulati, diametralmente opposti, che abbiamo indicato nel corso di questo articolo e che possiamo riassumere ora nei termini seguenti:

 
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Bibliografia

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