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La lotta per la pace sarebbe finita?

Macché! È solo cominciata.


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Le grandi manifestazioni per la pace quest'inverno sono state utilissime. C'è stata sì la guerra ma fortemente condizionata nei tempi e nelle modalità. Baghdad, ad esempio, non è diventata una seconda Hiroshima (come i militari avevano annunciato).

Ma la guerra in Iraq NON è conclusa -- e nemmeno quella in Afghanistan. Ora, al posto delle guardie repubblicane e dei talebani, i bersagli sono quei civili (anche non armati) che considerano la liberazione anglo-americana una colonizzazione.

Hanno ragione? Hanno torto? Intanto muoiono.

I più fortunati vengono "arrestati", come dice la TV, e portati via non si sa dove. Alcuni di essi sono assassini indifendibili; ma altri non c'entrano niente con la violenza. Eppure rimarranno senza avvocato difensore e senza diritti a tempo indeterminato.

Ma poi cosa vuol dire "arrestati"? Chi ha autorizzato un soldato di un paese membro dell'ONU ad entrare in un altro paese membro dell'ONU ed arrestare tutti i civili che protestano contro la sua presenza, civili che non hanno avuto nulla a che fare con le armi atomiche o chimiche (forse inesistenti, del resto)? Nessuno. Ultimamente l'ONU ha concesso agli USA di governare il paese fin quando gli iracheni non ricostituiscano il loro governo. Ma non ha concesso agli USA di eliminare fisicamente gli iracheni contrari alle scelte del governatore americano. Bush ha dichiarato la fine della guerra: ma allora in quale veste giuridica agiscono i soldati americani (e forse in futuro i carabinieri italiani) che continuano ad uccidere questi civili? Nessuna. Quale legge consente loro di "arrestare" civili senza mandato, senza prove e senza nemmeno dover fornire un capo d'accusa? Nessuna, nemmeno la legge marziale.

Una cosa sola è certa: questa guerra illecita NON è finita. Continuerà in forma strisciante fin quando ci saranno iracheni ed afghani che rifiutano i leaders voluti dai paesi occupanti. (Secondo il giornale Economist del 23.5.03, gli afghani del sud chiamano "cani" le truppe americani e "servo dei cani" Karzai, il leader voluto dagli USA.)

Allora quella bandiera della pace non va gettata nella pattumiera. Chi ripudia la guerra deve ripudiarne anche la forma strisciante tuttora in atto. Nonché la dottrina della "guerra preventiva permanente" che prevede, dopo le prossime elezioni americane, che l'attuale presidente conta di vincere, altri paesi da... liberare.

Come opporsi? L'unico deterrente efficace contro le guerre future è di rendere quella appena terminata non redditizia per l'aggressore: niente bottino, niente guerre.

Nel caso presente, dunque, lottare per la pace vuol dire chiedere l'annullamento della recente concessione dei poteri d'occupante agli USA (stato aggressore!) in modo che sia l'ONU stessa a gestire pro tempore la ricostruzione dell'Iraq e le risorse petrolifere. E in ogni caso vuol dire esigere con Amnesty International la fine delle uccisioni e degli arresti arbitrari dei civili solo per motivi politici; questo consentirebbe alle popolazioni di poter scegliere leaders che rispondano a loro, non agli occupanti.

E se le popolazioni scelgono leaders terroristi? Non li sceglieranno se saranno indaffarate a fare quattrini (chi guadagna ha bisogno di stabilità). Il problema è che noi non permettiamo loro di fare quattrini, di mettere su le loro industrie petrolifere, le loro agenzie di pubblicità, i loro centri di ricerca... Diamo una fetta delle loro risorse ad alcuni leaders (che sponsorizziamo) e il resto lo teniamo per noi. Ma se noi accettassimo di lasciare gestire a LORO le LORO risorse, loro non avranno alcun interesse a ricorrere al terrorismo. Proprio per questo motivo i francescani di Assisi hanno issato sul loro campanile non la bandiera con la sola parola "Pace" bensì una bandiera con sopra: "Giustizia + Libertà = Pace (e Bene)". In altre parole, il terrorismo va combattuto eliminandone la causa: il nostro dominio ingiusto e liberticida dei paesi del terzo mondo.

Ma invece di ridurre il nostro dominio, con queste due guerre (quella calda prima, ora quella strisciante) lo stiamo aumentando! E lo stiamo facendo con ipocrisia. Gli aiuti umanitari che portiamo agli iracheni e agli afghani sono un cavallo di Troia: servono per penetrare nelle simpatie delle popolazioni, reclutare spie, individuare gli oppositori politici e poi ucciderli o "arrestarli". (Vedi la relazione di Amnesty International sulle migliaia di "desaparecidos" in Iraq – non solo sotto Saddam, ma anche oggi sotto la gestione dei paesi occupanti.) Facendo così, però, creiamo solo nuovi nemici. In conclusione: Aiuti umanitari sì, ma gestiti dall'ONU e dalla Croce Rossa, non da singoli paesi con interessi particolari!

La lotta per la pace sarebbe finita? Macché! Come abbiamo visto in questi ultimi mesi, lottare per la fine di una guerra calda è importante, ma le guerre calde possono anche finire presto e da sole. Lottare per la fine di una guerra strisciante è invece ancora più importante. Questo tipo di guerra può non finire mai; uccide (o semplicemente "fa sparire") più persone che durante la fase calda; crea gli odii che sfociano nel terrorismo. Ecco perché serve oggi, più che mai, un preciso impegno per la pace.

Chi vuole informarsi su questi temi è invitato a visitare il sito NOT IN OUR NAME cliccando qui. Per tornare indietro cliccare qui.

Patrick Boylan, Università Roma Tre
(Uno dei 200 firmatari originari
del manifesto Not in Our Name)
24.5.2003