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1.
Per rendere omaggio al soldato Vanzan.
2. Una nota storica sull'arrivo di Bush a Roma.
3. E' il primo anniversario di questo sito (ahimé!).

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1.

Per rendere omaggio al soldato Vanzan morto in Iraq, Berlusconi ha passato la serata a festeggiare la vittoria della sua squadra di calcio.

Facciamo qualcosa noi, invece, che serva davvero alla memoria del giovane soldato: facciamo ritirare le truppe! Subito. Sia per l'incolumità dei commilitoni di Vanzan, sia per non coinvolgerli più in una guerra anticostituzionale ed ingiusta, portata avanti dagli USA non per la sicurezza nazionale bensì per il dominio di un popolo innocente (e delle sue ricchezze naturali).

Le truppe italiane hanno dovuto macchiarsi le mani da mesi: hanno dovuto sparare sulla folla e fare retate notturne di civili per fornire ai torturatori ango-americani le loro vittime; hanno persino dovuto stare di guardia (a Nassaria) mentre le torture si eseguivano. Ora basta. Non obblighiamoli più a fare questa sporca guerra coloniale. Riportiamoli a casa.

Niente più sangue per il petrolio!


2.

Una nota storica sull'arrivo di Bush a Roma:

Bush viene in Italia in veste di "liberatore", per sfruttare il ricordo dello sbarco americano in Sicilia durante la seconda guerra mondiale e quindi per raccogliere un sostegno popolare per la sua invasione/occupazione dell'Iraq oggi.

Ma forse sarebbe il caso che qualcuno gli ricordasse che nel 1943 la CIA, dopo aver usato la mafia siciliana per facilitare lo sbarco delle truppe americane, ha poi continuato ad usare la mafia per governare l'isola, nominando noti mafiosi come prefetti e organizzando un movimento di autonomia per staccare la Sicilia dall'Italia e farla diventare uno stato degli Stati Uniti. Il progetto non gli è riuscito, però.

Siccome i libri scolastici di storia non dicono mai che la liberazione dell'Italia da parte degli americani fu accompagnata ANCHE da un tentativo americano di impadronirsi di una parte del paese (per avere un "portaerei" USA permanente nel mediterraneo), la faccenda può sembrare pura fantapolitica. Invece è documentata.

Sono ugualmente documentati i successivi collegamenti pluriennali tra la CIA e la mafia siciliana -- nonché la creazione da parte della CIA, durante l'occupazione americana dell'Italia, di una quinta colonna in tutta la penisola (Stay Behind, Gladio, P2) -- per consentire a Washington di condizionare le scelte politiche ed economiche italiane per mezzo secolo.

La "liberazione" americana del bel paese ha comportato, dunque, una "occupazione virtuale" permanente, responsabile per molte pagine nere della storia italiana recente: dalle numerose stragi commissionate dalla CIA per spingere l'elettorato a votare a destra (una decina, a cominciare con piazza Fontana, piazza della Loggia, il treno Italicus), all'imposizione della "sovranità limitata" sulle scelte governative, ai tentativi di golpe, ad una subalternità anche nelle scelte economiche che poi ha frenato la ripresa italiana avviatasi nel secondo dopoguerra.

Insomma, una "liberazione" non è mai gratis Non lo è stata in Italia nel secondo dopoguerra e non lo è affatto oggi in Iraq.

Questo va ricordato al sig. Bush quando si presenta come disinteressato salvatore della democrazia.




3.

E' il primo anniversario di questo sito (ahimé!).

Il sito s'intitola:

"IRAQ: La lotta per la pace non è finita! Rimobilitiamoci!!

Oggi il titolo può sembrare inutilmente ovvio, ma non lo era 13 mesi fa quando il sito è nato.

Allora la guerra lampo americana aveva spiazzato tutti, a partire dagli stessi pacifisti. "Vedete? -- ripeteva la TV -- non servono più le bandiere arcobaleno, buttatele nella pattumiera! L'efficiente macchina militare statunitense è riuscita ad ottenere subito una 'liberazione' relativamente poco cruenta dell'raq."

Bugia.

Era evidente, dalla natura stessa dell'invasione, che l'Iraq non sarebbe stata né "liberata", né "ricostruita", né "democratizzata". Sarebbe stata colonizzata. E basta.

E quindi anche se l'esercito iracheno è crollato subito, era comunque prevedibile una resistenza popolare. Necessariamente dura e violenta, come tutte le guerriglie partigiane.

Quindi 13 mesi fa non era affatto il caso di gettare nella pattumiera le bandiere arcobaleno. Oggi stiamo pagando il prezzo per aver lasciato il governo Berlusconi-Fini assecondare una occupazione coloniale dell'Iraq, col pretesto di portare aiuti umanitari. Un prezzo di sangue. E un prezzo morale: lo svuotamento della Costituzione, il diffondersi di una prepotenza razzista. Infatti, si comincia già a sentir vociferare, come all'epoca del colonialismo fascista: "Non importa se siamo noi gli invasori nel loro paese: se loro sparano per cacciarci, noi possiamo sparare per rimanere. Anzi, cambiamo le regole d'ingaggio: spariamo per prima per eliminarli!"

Questo sì che è una mentalità da colonialista, non da peacekeeper.

Guardiamo come questa mentalità si traduce poi nei fatti. Da oltre un anno gli USA impediscono le libere elezioni (perché sanno di perderle) -- richieste a gran voce da TUTTE le fazioni irachene -- e mantengono una dittatura militare impopolare e cruenta. Il 30 giugno promettono di "lasciare l'Iraq agli iracheni" ma ciò significa in pratica installare un governo provvisorio di collaborazionisti, scelti uno per uno dall'attuale comando americano (e dalle omnipresenti multinazionali petrolifere). Siccome il comando americano è stato abbastanza abile da scegliere "rappresentanti" iracheni da tutte le etnie nelle debite proporzioni, il rappresentante ONU non ha potuto far altro che proporre qualche ritocco e poi approvare le scelte.

Quindi dopo il 30 giugno ci sarà un governo formalmente rappresentativo, sbandierato come "governo scelto dall'ONU" ma in realtà telecomandato da Washington e da Londra. Ecco in che cosa consiste, nei fatti, "portare in Iraq la democrazia". Intanto ieri la guerriglia irachena ha dato il suo parere sul nuovo governo: ha fatto saltare in aria il presidente designato con 10 chili di tritolo. Avanti il prossimo.

La natura coloniale -- non liberatore -- dell'invasione americana dell'Iraq e del sostegno italiano all'occupazione si era manifestata sin dall'inizio, del resto, anche per via degli indiscriminati arresti di civili, non implicati nel passato regime e rei solo di criticare l'occupazione. Bastava vedere in TV le retate notturne stile Gestapo e leggere, nei trafiletti di alcuni giornali, le prime denunce di torture fatte dalla Croce Rossa, per capire che gli occupanti non erano venuti solo per prendere Saddam Hussein.

Amnesty International, del resto, ha denunciato più volte che tra il 70% e il 90% degli iracheni arrestati e torturati non c'entrava niente, proprio niente, con la lotta armata. Si trattava dei soliti malcapitati ai check point, oppure delle vittime di soffiate per vendetta, oppure di delinquenti comuni, oppure di sindacalisti che volevano organizzare scioperi oppure di giornalisti delle ormai soppresse pubblicazioni locali. Gente che, se torturata, specie con mezzi psicologici, non resiste e fa i nomi di conoscenze o di vicini di casa con tendenze politiche anti-americane, da arrestare durante le successive retate notturne, fatte da soldati anglo-americane ma anche (ahimé) da truppe italiane.

Quindi le torture orripilanti recentemente finite in prima pagina grazie alle foto, nonché le esecuzioni sommarie senza processo né difesa, NON sono da considerarsi una anomalia di pochi soldati sadici. Visto il carattere coloniale dell'occupazione, sono l'ordinaria amministrazione. Ecco perché 13 mesi fa le torture erano prevedibili; bastava ricordare quello che facevano gli inglesi in India e Birmania, i giapponesi in Cina, gli italiani in Somalia, i nazisti in Italia e altrove e, in tempi più recenti, i sovietici nei paesi dell'Est, gli statunitensi in America Latina, gli israeliani nei territori palestinesi occupati, i russi in Cecenia, gli inglesi in Irlanda del Nord e via discorrendo. Ovunque c'è dominio coloniale, ci sono gli arresti arbitrai e le torture.

In una parola, il male non è la tortura. Il male è il colonialismo (il dominio di un popolo su un altro, per rubare le sue ricchezze naturali) che, per riuscire, richiede la tortura. Perché se vuoi colonizzare un popolo, devi per forza:

1. inventare una scusa per fargli la guerra (per colonizzare l'Etiopia nel 1934, Mussolini usò la stessa scusa di Bush: "liberare" gli etiopici da un presunto dittatore e dare al paese "una nuova legge e un nuovo capo");

2. poi, una volta vittorioso, devi eliminare ogni dissenso con arresti e torture per stanare la resistenza prima che prenda piede (come Saddam contro i curdi, Mussolini usava persino il gas letale per sterminare interi villaggi ribelli).

Poi, eliminati fisicamente tutti coloro che ti resistono, puoi organizzare tranquillamente delle "elezioni libere e democratiche". Che, ovviamente, i collaborazionisti che tu sostieni vincono senza problemi.

Evviva la libertà!

Ma attenzione. Dopo le elezioni, per eliminare qualsiasi recrudescenza di opposizione, devi far girare indisturbati squadroni della morte, cioè ex-militari sui quali il governo collaborazionista dirà di non avere nessun controllo, in quanto "privati". Per quanto riguarda l'Iraq, Bremer, capo del governo provvisorio americano, li sta già addestrando in Israele.

Questa ricetta ha sempre funzionato in America Latina, dove da anni viene praticata dagli USA sotto la direzione appunto di Bremer e di Negroponti (il prossimo ambasciatore americano in Iraq).

Solo che in Iraq la ricetta ha incontrato un'opposizione inaspettata. E una coesione sociale tra la popolazione ancora più inaspettata. Ecco il vero guaio degli occupanti. La tortura funziona solo se riesci ad arrestare le persone ben informate e per questo hai bisogno di delatori. Invece gli iracheni, che gli USA credevano divisi tra di loro e pronti a denunciarsi a vicenda, sono rimasti compatti.

Concludiamo.

La "liberazione dell'Iraq" è stata -- ed è -- un atto di colonialismo, per avere il petrolio iracheno e per creare un Honduras (feudo militare statunitense) nel medio oriente.

La vera GUERRA DI LIBERAZIONE in Iraq, dunque, NON è quella di un anno fa. E' quella di oggi.

E purtroppo le truppe italiane stanno dalla parte sbagliata.

Ma questo, che vuol dire? Bisogna stare con i terroristi? No. Bisogna sparare sugli americani? No. Bisogna abbandonare il paese, come se niente fosse? No. O meglio, bisogna ritirare le truppe, questo sì, ma non abbandonare il paese come se niente fosse. L'abbiamo distrutto. E non aveva violato nessuna legge internazionale. Non possiamo andar via ora facendo finta di niente.

Allora la soluzione sarebbe forse quella di dare alle Nazioni Unite il comando di una nuova forza di peacekeeping?

Sì, ma anche questa soluzione dipende da una condizione.

Chiaramente anche l'ONU fallirà se, invece di fare un peacekeeping autentico, farà, sotto pressione americana nel Consiglio di Sicurezza o per favorire gli interessi coloniali dei paesi che forniscono le nuove truppe, lo stesso tipo di "peacekeeping" che è stato praticato dalle attuali forze occupanti, appena descritto.

Cioè l'ONU fallirà se nominerà un governo di collaborazionisti. Se praticherà gli arresti politici e le torture. Se manterrà la censura dei mass media. Se continuerà a vendere il petrolio agli USA, non per $41 al barile -- che è il prezzo di mercato -- ma per $5 il barile come adesso (altro che furto delle ricchezze nazionali!). Se cercherà di disarmare la popolazione (il che è una causa persa in partenza, e non solo per motivi culturali. La popolazione resisterebbe perché ha bisogno di difendersi. Sa che gli USA stanno per inviare in Iraq i squadroni della morte in addestramento in Israele -- squadroni che faranno quello che fanno gli squadroni in Algeria da 12 anni: sgozzano interi villaggi anti-governativi senza che la polizia locale intervenga e con la benedizione e con l'assistenza americana, francese ed italiana, cioè dei paesi interessati al gasdotto mediterraneo in costruzione). (E poi ci meravigliamo che ci siano terroristi algerini!).

In pratica, non basta dire: mandare le Nazioni Unite. Bisogna dire: mandare le Nazioni Unite ma ad una condizione. Gli ango-americani, aggressori, vanno tolti di mezzo e fatti pagare per i danni ingiusti che hanno causati. L'ONU deve dunque impedire che esca dall'Iraq un solo barile di petrolio verso gli USA o l'UK se non al prezzo di mercato, semmai con un sovvrapprezzo per danni di guerra. E che le ricavate rimangano in Iraq. E che il governo che le distribuisce sia eletta senza condizionamenti da parte degli invasori. E che possa ristipulare gli appalti con qualsiasi paese, essendo illegali e quindi carta straccia i contratti stipulati fino ad ora con le aziende americane ed inglesi. E che agli USA venga impedito di implementare il loro progetto per il "dopo 30 giugno" -- esso prevede la costruzione di una gigantesca ambasciata americana a Baghdad, una vera cittadella con 3.000 addetti (dicesi tre mila!), e di altri 14 consolati nei punti nevralgici del paese. Ricordiamo che l'Iraq è poco più grande dell'Italia, ha soltanto un terzo della popolazione ed è, rispetto all'Italia o agli USA, poverissimo. Come si giustificano 14 consolati e un'ambasciata con 3.000 addetti?

In altre parole, se l'ONU riuscirà ad impedire il dominio coloniale USA/UK e se l'ONU non consentirà il dominio coloniale dei paesi che manderanno le nuove truppe di peacekeeping, ci sarà sicuramente la pace in Iraq.

Dopo un inizio turbolente, forse, come in Iran alla caduta del dittatore Reza Pahlavi. Ma, proprio come in Iran, ci sarà sicuramente una progressiva "inclusione piena" dell'Iraq nella comunità internazionale. Oppure, per offrire un'altra parallela, come la Libia. Abbiamo infatti visto di recente come lo stesso Gheddafi ha capito finalmente che le sue rappresaglie violenti contro i continui attentati fattigli dagli americani e dagli inglesi sono controproducenti: più che danneggiare i suoi nemici, rovinano i propri affari e quindi è meglio cambiare tattica.

Se l'ONU interviene in questo modo -- ma solo in questo modo -- ci sarà la pace in Iraq.

E anche nel mondo. Perché comportandosi così, l'ONU manderà in fumo le prospettive delle altre "guerre preventive" progettate da Bush: quella contro l'Iran (per il petrolio), quella contro il Sudan (per l'uranio), e via discorrendo.

Infatti, per finire con un paragrafo dalla mia pagina web di un anno fa (il 24 maggio 2003):

"l'unico deterrente efficace contro le guerre future è di rendere quella appena terminata non redditizia per l'aggressore: niente bottino, niente guerre.
"Nel caso presente, dunque, lottare per la pace vuol dire chiedere l'annullamento della recente concessione dei poteri d'occupante agli USA (stato aggressore!) in modo che sia l'ONU stessa a gestire pro tempore la ricostruzione dell'Iraq e le risorse petrolifere. E in ogni caso vuol dire esigere con Amnesty International la fine delle uccisioni e degli arresti arbitrari dei civili solo per motivi politici; questo consentirebbe alle popolazioni di poter scegliere leaders che rispondano a loro, non agli occupanti."

-- Patrick
19.5.2004



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