SCENARIO ONG

Giovanni Intilla

giannintilla@yahoo.it


1. Lo Scenario   “Ho osservato la seguente interazione tra italiani e persone di un'altra cultura. Si trattava di una situazione in cui occorreva almeno l'apparenza di affidabilità tra le parti. Ecco i dettagli:”

Data: luglio 2002

Enti: Cooperativa sociale Onlus X, Associazione Volontariato Onlus Y, Gruppo minori e operatore Marocchini

Ubicazione: Provincia di Viterbo, Centro Italia

Attività: Campo Estivo per bambini Italiani e Marocchini (Saharawi) della durata di un mese.

Cultura delle 2 organizzazione: (che co-gestivano il progetto)

  1. Cultura della Cooperativa Sociale Onlus X: La Coop possiede una cultura aziendale tipica delle Coop Sociali fondata sui valori della solidarietà, dell’inclusione e dell’aiuto a soggetti culturalmente o socialmente svantaggiati. Altro valore importante è quello della professionalità, tutti i suoi operatori sono educatori professionali diplomati o laureati con una forte motivazione condivisa e una specializzazione nel lavoro con l’infanzia in particolar modo di quella a rischio. La maggior parte degli operatori della Coop Sociale Onlus X sono donne tra i 20 e i 26 anni e ha una qualche esperienza di lavoro con minori stranieri provenienti da varie culture e inseriti in diversi contesti (scuola, campi estivi, residenze minorili protette, ecc.). Il modello organizzativo della Coop è di tipo “partecipativo” con un processo decisionale lento ma largamente condiviso dal gruppo. Il leader della Coop si può rappresentare sul modello del “primus inter pares”.

  2. Cultura della Associazione Volontariato Onlus Y: L’Associazione ha una cultura di stampo volontaristico e si occupa preminentemente di trasporto di malati con Ambulanze oltre che di una serie di attività di supporto medico o paramedico collaterali (misurazione pressione sanguigna, corsi di primo soccorso, ecc.) forniti gratuitamente alla popolazione. Gli aderenti all’Associazione provengono da tutti gli strati sociali e posseggono gradi e background culturali differenti. Vi partecipano donne e uomini di età più o meno compresa tra i 30 e 65 anni. I membri sono fortemente uniti dal valore di “portare aiuto” e dall’orgoglio di indossare una divisa (una vera divisa) estremamente riconoscibile e apprezzata. L’associazione è infatti parte di un network nazionale e internazionale. La cultura organizzativa dell’Associazione è ispirata al modello militare con gradi e stretto ordine gerarchico che viene rispettato da tutti i membri anche se i capi vengono scelti da tutti gli associati medianti elezioni triennali.

Culture nazionali/etniche a contatto:

Cultura Italiana (Centro Italia), nelle variabili di “cultura aziendale” della Cooperativa Sociale Onlus X e della Associazione di Volontariato Y, e nella variabile di Cultura Marocchina Saharawi, gruppo etnico che cerca di distinguersi sia dalla Mauritania che, in particolare, dal Marocco mediante lotte per l’indipendenza.

Interagenti: L’Associazione e la Cooperativa Sociale avevano il compito di organizzare e gestire un Campo Estivo di un mese per bambini Italiani e Saharawi. Il lavoro era retribuito per entrambi le organizzazioni e commissionato da un Ente Pubblico. L’Associazione si occupava degli aspetti tecnico logistici (mensa, alloggi, trasporti) e la Cooperativa di quelli Ludici e di integrazione interculturale tra i due gruppi di bambini.

Tipo di interazione osservato: Ci troviamo quindi di fronte a tre gruppi di operatori sociali: Gli operatori della Associazione di volontariato, gli operatori della Cooperativa Sociale (entrambi Italiani) e gli operatori Marocchini. Mentre tra gli operatori della Coop Sociale e quelli Marocchini la collaborazione è divenuta effettiva ed efficace (seppur non priva di difficoltà) l’interazione tra operatori Marocchini (due ragazze) e operatori dell’Associazione ha portato ad notevoli incomprensioni e perfino ad un caso di conflitto aperto. A seguito del conflitto gli operatori della Coop Sociale hanno operato da “intermediari” per riportare il gruppo di lavoro ad una collaborazione attiva, seppur questa sia stata più formale che sostanziale.

Lo svolgimento: sintesi, commento: Il caso dell’incomprensione (e della parziale efficacia) nella gestione del compito dei tre gruppi di operatori ha mostrato la difficoltà di lavoro in contesti multiculturali intendendo con questo non solo le differenze tra culture nazionali ma anche quelle tra culture organizzative (o aziendali) proprie di una stessa cultura (in questo caso l’italiana). Le interazioni sono state in particolar modo complicate dal fatto che gli operatori Marocchini non parlavano italiano in quanto comunicavano solamente con gli operatori della Coop Sociale in uno spagnolo elementare. Quindi la comunicazione tra gli Italiani dell’Associazione e i Marocchini era mediata dagli Italiani della Coop che facevano da tramite comunicativo, quando presenti, della comunicazione tra i vari gruppi di operatori d cui essi stessi erano parte. La questione della fiducia nei Marocchini è stata cruciale quanto ambigua. Mentre gli operatori della Coop Sociale erano più abituati ad accettare modelli culturali e comportamentali diversi dai propri gli operatori dell’Associazione mostravano, man mano che i giorni passavano segni sempre più evidenti di sfiducia e biasimo verso gli operatori Marocchini. Questi ultimi avevano un concetto di “ospitalità” differente che palesavano, spesso in maniera non verbale ma efficace, mostrando fastidio per le richieste dei membri della Associazione. Altra variabile riguarda la mancanza di un coordinamento reale tra i due gruppi di operatori Italiani (Coop e Associazione) che si erano divisi i compiti e le competenze e tra i quali vi era pari “potere organizzativo”. Quindi Coop e Associazione pur di non invadere il l’altrui campo di competenze e provocare ulteriori conflitti hanno operato con i colleghi Marocchini secondo moduli, modelli e valori propri, spesso in aperto contrasto con i “pattern” comportamentali dell’altra organizzazione italiana. Gli operatori della Coop Sociale avevano il compito di esercitare un’azione di educazione interculturale solo tra i due gruppi di bambini e non tra i tre gruppi di operatori. In ogni caso questa azione di “mediazione interculturale” è parzialmente fallita, quando tentata, in quanto doveva essere preventiva. Questa si è ridotta in un tentativo di “riconciliazione” a conflitto avvenuto tra operatori Marocchini e operatori dell’Associazione.

2. L'Elenco dei tratti   In questa seconda parte, ipotizzerò in che cosa poteva consistere la nozione di affidabilità SOLTANTO per gli ITALIANI del mio scenario.  Elencherò i tratti e li spiegherò tenendo conto del contesto specifico.  Poi parlerò degli altri partecipanti: dirò quali loro comportamenti hanno potuto dare l'impressione di possedere i tratti di affidabilità che ho elencato. (Alternativamente, ipotizzerò i comportamenti che avrebbero potuto tenere per sembrare di possedere questi tratti.  Oppure farò tutte e due le cose.)

1. Il primo tratto di affidabilità nella mente degli italiani dello scenario: COMPETENZA: nella mente degli operatori Italiani dell’Associazione i colleghi Marocchini apparivano incompetenti per il supposto disinteresse verso tutti quegli aspetti logistico organizzativi a carico dell’Associazione di Volontariato. L’organizzazione logistica proposta dagli Italiani dell’Associazione appariva rigida ai Marocchini che premevano per maggiore elasticità cosa che metteva in difficoltà gli operatori della Associazione che di contro possedeva una stretta organizzazione imposta dal loro modello e dalla disponibilità di personale. Poco competenti apparivano agli Italiani dell’Associazione gli operatori Marocchini nella gestione dei bambini per esempio a mensa. Ad Esempio gli Italiani dell’Associazione pretendevano di far mangiare tutti i bambini (italiani e marocchini) a mensa e seduti a tavola mentre i Saharawi prediligevano pasti meno formali seduti a terra e in circolo. Gli operatori Marocchini non comprendevano perché venissero tacciati di incompetenza semplicemente applicando il loro modo di mangiare.

Gli operatori Italiani della Coop Sociale di contro “sentivano” (in maniera empatica) che i colleghi Marocchini agivano con competenza seppur i metodi attuati dalle due educatrici Marocchine apparissero inusuali secondo gli standard italiani. Di questi comportamenti chiedevano spiegazioni alle interessate comprendendo (non senza difficoltà) che gli stili educativi delle colleghe erano perfettamente in linea coi loro modelli culturali per quanto potessero apparire bizzarri a gli italiani. I due gruppi di operatori in questione hanno tentato un “mix” tra i due modelli gestionali che dopo qualche tempo ha generato un nuovo modello condiviso frutto del coordinamento e del compromesso delle due comunità di bambini e operatori. Questo ultimo modello teneva conto sia della esigenza di “giocare in sicurezza” proposto dagli Italiani sia del “giocare in libertà” proposto dai Marocchini.

Ciò che significa questo tratto in questo preciso contesto:

In sostanza gli operatori della Associazione di Volontariato hanno giudicato “inaffidabili” i colleghi Marocchini perché questi non sottostavano ai valori,(CONDIVISIONE) alle regole e all’organizzazione dei Volontari. I marocchini non erano prevedibili nei loro comportamenti (PREVEDIBILITÀ) e questi ultimi complicavano spesso i compiti logistici che l’Associazione doveva svolgere. Gli Operatori della Coop Sociale di contro mostrando apertura e dando fiducia ai colleghi Marocchini e alle loro modalità di gestione diversa di tempi, spazi e relazioni sono riusciti a portare avanti un programma congiunto di attività per i bambini dei due gruppi etnici.

2. Il secondo tratto di affidabilità nella mente degli italiani dello scenario:EMPATIA ossia la capacità di percepire lo stato d’animo dell’altro. Il successo dell’interazione tra operatori della Coop Sociale e degli operatori Marocchini è stato paradossalmente favorito dall’atteggiamento di giudizio degli operatori della Associazione. Difatti in caso di incomprensioni tra membri dell’Associazione e Marocchini questi chiamavano in causa i colleghi Italiani per fare da tramite. Al di là delle differenze culturali tra operatori Italiani e Marocchini il fatto di condividere spazi e compiti (la gestione dei bambini in un unico luogo fisico) ha prodotto una unità di azione e di intenti. La comunanza anche di background culturale (erano tutti educatori) ha permesso agli operatori di mediare spessissimo e di “contaminarsi” a vicenda creando una “cultura di gestione” ibrida marocchino-italiana.

Ciò che significa questo tratto in questo preciso contesto:Tali accordo e mediazione sono stati favoriti dal fatto di operare congiuntamente. Mentre nel caso degli operatori dell’Associazione l’empatia iniziale si è presto tramutata in giudizio o stereotipo sull’altro gli operatori della Coop Sociale sono stati stimolati da quelli Marocchini a svilupparla ulteriormente in quanto unico strumento, in quel contesto, di comunicazione tra i due gruppi. In mancanza di appropriati strumenti linguistici per comunicare efficacemente la relazione tra operatori di Coop Sociale e operatori Saharawi è avvenuta su “basi empatiche” e per “comunanza e solidarietà di ruolo”. Senza questa empatia di fondo sicuramente l’iniziativa nel suo complesso ne sarebbe risultata pesantemente inficiata anche sul versante dell’integrazione tra bambini italiani e marocchini che invece è avvenuta efficacemente.

altri partecipanti: dirò quali loro comportamenti hanno potuto dare l'impressione di possedere i tratti di affidabilità che ho elencato.(Alternativamente, ipotizzerò i comportamenti che avrebbero potuto tenere per sembrare di possedere questi tratti. 

Gli operatori Marocchini avrebbero potuto dare l’impressione agli operatori italiani dell’Associazione di possedere la competenza spiegando che si trattata una “diversa competenza”. Nei fatti questo è stato complicato dal fatto che i Marocchini non parlavano italiano. Il concetto di “diversa competenza” è stato espresso per interposta parte dagli operatori della Coop Sociale a quelli dell’Associazione in ritardo e non è stato pienamente compreso dai tutti i membri dell’Associazione.


3. Il secondo tratto di affidabilità nella mente degli italiani dello scenario (Associazione di Volontariato):Per quanto riguarda il tratto della BENEVOLENZA, si può dire senz’altro che sia il tratto distintivo degli operatori dell’Associazione. Nei fatti questa non è sta inficiata totalmente dalla difficile relazione (e dal conflitto) con gli operatori Marocchini ma veniva intesa piuttosto dagli Italiani della Associazione in una forma condizionata dal fatto che gli ospiti Marocchini sottostassero alle regole e all’organizzazione logistica compito dell’Associazione. C’è da notare tuttavia che i membri di sesso femminile dell’Associazione parevano avere un atteggiamento meno condizionato dei membri di sesso maschile. Questa benevolenza “femminile” si è espressa infatti in forma costante nei riguardi dei bambini Marocchini.

altri partecipanti: dirò quali loro comportamenti hanno potuto dare l'impressione di possedere i tratti di affidabilità che ho elencato.(Alternativamente, ipotizzerò i comportamenti che avrebbero potuto tenere per sembrare di possedere questi tratti. 

La difficoltà degli operatori Marocchini ad adattarsi ad una organizzazione per loro rigida ha intaccata l’iniziale benevolenza degli Italiani dell’Associazione nei loro riguardi. Un atteggiamento meno rigido anche da parte dei Marocchini avrebbe facilitato di contro lo sviluppo di una relazione più costruttiva. I marocchini avrebbero potuto optare per una iniziale accettazione dei ritmi e dei modelli organizzativi proposti dall’Associazione e in un secondo tempo (e gradualmente) proporre e introdurre diversi modelli (i propri) (GRADUALE AFFERMAZIONE). Gli italiani della Associazione hanno letto il disappunto degli operatori Marocchini riguardo l’organizzazione logistica come “ingratitudine” da parte di chi si stava adoperando per loro. Per evitare questo sarebbe stato utile semplicemente palesare in una qualche forma “gratitudine” e di riconoscimento per il lavoro svolto dall’Associazione. (GRATITUDINE) Sarebbe stato più utile ai Marocchini, ai fini della relazione, comunicare apprezzamento (almeno inizialmente) (APPREZZAMENTO) anche per una organizzazione logistica non pienamente soddisfacente i loro standard.

IN CONCLUSIONE

Non sono certo che l’EMPATIA possa essere considerata un tratto di affidabilità. Certo è che in questo particolare contesto di difficoltà organizzativa e comunicativa e di multiculturalità (si notino le diverse culture aziendali degli italiani) è stata la chiave di volta. In ogni caso se non è un tratto è certamente uno strumento efficace da utilizzare in situazioni in cui le competenze linguistiche degli attori in scena è estremamente carente.

C’è inoltre da sottolineare che un atteggiamento empatico è abbastanza comune in una forza lavoro come quella del No Profit (senza ovviamente escludere che in altri contesti lavorativi questa sia fortemente diffuso) abituata a confrontarsi con clienti/utenti in situazione di disagio o con notevoli difficoltà comunicative

Giovanni Intilla

giannintilla@yahoo.it


RISPOSTA A GIOVANNI



Ciao Giovanni,


Ti ringrazio per la tua scheda, molto ben articolata e quindi preziosa per la nostra ricerca comune.


Riepilogando, individui quattro (4) tratti che definiscono ciò che erano gli indizi di affidabilità che gli operatori italiani dell'Associazione avrebbero (probabilmente) voluto vedere negli operatori marocchini. Essi sono:


1. COMPETENZA -- nel senso di conoscenza e osservanza delle regole igieniche e comportamentali a cui gli italiani tenevano. O almeno dimostrare in un primo tempo di conoscerle e di osservarle -- il tempo d'instaurare un rapporto di fiducia, poi magari gli operatori marocchini avrebbero potuto ridiscutere quelle regole.


2. CONDIVISIONE -- nel senso di cui sopra, ossia condivisione delle regole igieniche e comportamentali degli italiani dell'Associazione, ma anche, più in generale, condivisione di tutte le cose a cui quegli italiani tenevano particolarmente. Esempio: Scommetto che se gli operatori marocchini avessero mostrato di apprezzare le divise "fichissime" che indossavano con tanto orgoglio gli operatori italiani, questi avrebbero sentito che almeno sul piano dei gusti vestimentari, nonostante le differenze effettive di abbigliamento, c'era una condivisione di valori. I marocchini sarebbero sembrati loro gente che "s'intende."


3. BENEVOLENZA -- nel senso di mostrare gratitudine per gli sforzi prodigati dagli italiani. Quindi non solo sorrisi, ma effusioni. E sicuramente benevolenza verso i due gruppi di bambini nel senso di volerli vedere felici -- ma su questo piano, mi pare di capire, le donne marocchine e le donne italiane dell'Associazione, si sono effettivamente ritrovate.


4. PREVEDIBILITÀ -- nel senso, per tornare al primo punto, di osservare le "regole di competenza italiane" nel trattare i bambini, ma anche prevedibilità in tutti i comportamenti. O forse no. Forse i marocchini avrebbero ispirato fiducia se avessero per lo meno annunciato un certo loro comportamento prima di farlo -- del tipo: "Sarà fra poco l'ora di cena? Bene, prepariamo le stuoie perché, sapete, noi mangiamo seduti sopra." Forse sarebbe stato sufficiente fare così per diventare "prevedibili".


----------


Ecco dunque i 4 tratti di affidabilità che -- grazie al tuo racconto --

ora so di dover far capire ad un operatore marocchino che viene nella colonia estiva per bambini che hai descritto... Naturalmente dovremmo avere una lingua comune e il tempo necessario PRIMA, cose che tu non avevi.


Ma almeno abbiamo fatto un po' di chiarezza sulla nozione di affidabilità in quel contesto e in contesti simili, a futura memoria.


Ovviamente, in una consulenza interculturale valida, ci sarebbero DUE lavori da intraprendere. Ci sarebbe da studiare come preparare ANCHE gli italiani per farsi vedere agli operatori marocchini come gente degna di fiducia. Ma questo aspetto non interessa la ricerca a presente, ci stiamo concentrando su come preparare gli stranieri che vengono in Italia.


Un'ultima cosa. Tu parli di "empatia" ed è certamente fondamentale. Ma non la considero un tratto di affidabilità. L'empatia è un processo conoscitivo intuitivo, che metti in pratica per cogliere l'essere dell'altra persona. Quindi è uno strumento che serve per sapere quali tratti di affidabilità sono importanti per il tuo interlocutore e come manifestarli. Ma non crea fiducia di per sè.


Anzi, una persona che si dimostra molto empatica nei tuoi confronti, che coglie le tue istanze interiori, può anche ispirare diffidenza. Pensa ad un ragazzo "rimorchiatore" che indovina tutti i punti su cui la sua preda è sensibile -- ad un certo punto la ragazza potrebbe trovare che il ragazzo la sta raccontando troppo giusto... e insospettirsi. O pensa alle tue reazioni davanti ad un venditore di assicurazioni sulla vita, che entra in casa tua e con grande empatia fa vedere di capire tutti i tuoi punti deboli verso le questioni di previdenza, del futuro, ecc. Diventi diffidente.


L'empatia, dunque, non crea fiducia. Ma serve per capire come instaurare un rapporto di fiducia, ossia -- per tornare al tuo scenario -- per capire:


-- QUALI COMPETENZE volevano vedere gli operatori italiani dell'Associazione (competenze igieniche, ecc.);


-- QUALE tipo di BENEVOLENZA (non sorrisi ma gratitudine, ecc.);


-- QUALE PREVEDIBILITA' mostrare e come;


-- QUALI valori dimostrare di CONDIVIDERE (le bellezza delle divise, ad esempio).


Comunque avremo modo di parlare di tutto ciò a Bologna.


Posso mettere la tua scheda sul sito quando avremo raggiunto un certo numero (per ora sei stato il più sollecito, la tua scheda è la prima)?


Grazie di nuovo,


Patrick